Battipaglia negli anni ’60 era una citta che contava circa 30.000 abitanti. La maggior parte erano occupati nelle aziende di trasformazione. Per la crisi economica che colpì l’area a fine decennio, molte aziende minacciarono la chiusura. Nell’aprile del 1969 arrivò la decisione da parte della Società agricola industriale del Mezzogiorno (SAIM) di chiudere le due storiche aziende: lo zuccherificio e il tabacchificio. Questa decisione minacciava il reddito di circa metà popolazione della città, così, la sera dell’8 aprile il consiglio comunale straordinario stabilisce un corteo di protesta mentre il Sindaco Domenico Vicinanza, con alcuni delegati, si recò a Roma per cercare una soluzione al problema. Avvenne così, il 9 aprile del 1969, la rivolta a Battipaglia che registrò 200 feriti e 2 morti.
Il Corteo della rivolta a Battipaglia del 9 aprile 1969
Già dalle prime ore del 9 aprile, centinaia di uomini si iniziarono a radunare. Scortato da polizia e carabinieri, il corteo partì con il grido di “Difendiamo il nostro pane” e “Basta con le promesse” e si snodò per le vie della città, ampliandosi sempre più. Giunti a Piazza della Repubblica, gli scioperanti decisero di sfidare i limiti dati dalle forze dell’ordine e di proseguirono verso la stazione ferroviaria. Partì così la prima carica delle forze dell’ordine, dalla quale il corteo uscì in breve più determinato e unito.
Gli Scontri della rivolta a Battipaglia del 9 aprile 1969
La stazione era da tempo assediata dalla polizia ma il corteo si era trasformato in una folla di gente esasperata tantoché il vicequestore non provò a contrastarla perciò si limitò a far schierare gli uomini per la difesa degli impianti tecnici. I manifestanti si impossessano dei binari ed erano determinati a mantenere l’occupazione. Da Roma, però, arrivò l’ordine di rimuovere i blocchi per far riprendere i collegamenti. Spettatrici della protesta, che fino a quel momento erano state passive, si lasciarono andare a cariche pesanti che proseguirono per più di un’ora con l’ausilio di lacrimogeni a cui i cittadini risposero con una grande sassaiola.
La Strage della rivolta a Battipaglia del 9 aprile 1969
Nel tardo pomeriggio del 9 aprile si arrivò allo scontro decisivo: il corteo riversò tutta la rabbia contro il Commissariato di via Gramsci, dentro cui si barricarono un centinaio di poliziotti e carabinieri che iniziano a sparare sulla folla, uccidendo Teresa Ricciardi, giovane insegnante che seguiva gli scontri dalla finestra della propria abitazione, e Carmine Citro l’operaio tipografo diciannovenne Tra i 200 feriti cento furono colpiti da proiettili e si registrarono un centinaio di feriti anche nelle forze dell’ordine.
La Vittoria della rivolta a Battipaglia del 9 aprile 1969
La battaglia si estese a tutta la popolazione, che capì la causa dei manifestanti e che portò aiuto ai feriti. Lanciarono oggetti dai balconi alle forze dell’ordine, scesero in strada per unirsi alla protesta e così la maggior parte delle forze dell’ordine fu costretta è costretta a fuggire. La rabbia della folla si scagliò anche contro il Municipio e poi verso la sera sulla città tornò a regnare la calma. Nella notte arrivano nuovi rinforzi alle forze dell’ordine, che si ritrovarono ad aggirarsi in una battaglia ormai conclusa. L’eco della rivolta di Battipaglia giunse a Roma, dove successivamente, venne raggiunto un accordo per la riapertura delle due aziende. I sindacati contro l’eccidio proclamano ugualmente lo sciopero generale.
di Rosangela Fine