Cos’è l’articolo 41 bis?
L’articolo 41 bis è una disposizione dell’ordinamento penitenziario italiano introdotta dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663, che prevede un particolare regime carcerario per evitare figure apicali di associazioni terroristiche, di criminalità organizzata e “capi” di associazioni a delinquere finalizzate al narcotraffico e alla tratta di esseri umani continuino a esercitare la loro influenza e il loro ruolo di comando sulle rispettive organizzazioni criminali dal carcere.
Perché è sbagliato utilizzare il termine “carcere duro”?
Impropriamente, ci si riferisce spesso a questo sistema con l’espressione “carcere duro”, sottolineando le limitazioni delle libertà, ma ciò comporta all’equivoco di una violazione della dignità per violenza e abuso di forza, sebbene esso sia nato con la finalità di tagliare i ponti e i contatti interni alle organizzazioni criminali nel sistema.
Perché si chiama 41 bis?
Il 41 bis, a differenza dell’articolo 416 bis del codice penale per il reato di associazione di stampo mafioso, è l’articolo dell’ordinamento penitenziario che disciplina le restrizioni rispetto alle «normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati e ai normali benefici quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica», a detenuti che scontino «un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva».
La sospensione «comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l’associazione».
Chi può applicare il 41 bis?
Il provvedimento di sospensione dei benefici come recita l’articolo di legge: «è adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia, anche su richiesta del Ministro dell’interno, sentito l’ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell’ambito delle rispettive competenze».
La legge non dice che la collaborazione con la giustizia può essere un elemento chiave per provare che i legami sono definitivamente interrotti, ma è la Corte costituzionale a scrivere che nei fatti «la collaborazione con la giustizia …. assume la diversa valenza di criterio di accertamento della rottura dei collegamenti con la criminalità organizzata» (C. cost., 20.7.2001, n. 273).
Quanto può durare e a quali condizioni?
La sospensione dei benefici ha «durata massima pari a quattro anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni».
La proroga è disposta quando risulta che la capacità di eliminare i collegamenti con l’associazione criminale, terroristica o eversiva sia venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto.
In quale momento e a chi si può applicare?
I destinatari del regime detentivo speciale possono essere tanto soggetti con condanne definitive, quanto soggetti in attesa di giudizio: per evitare la comunicazione con gli affiliati all’esterno e la trasmissione di informazioni importanti.
In cosa consiste e perché crea polemica?
Il regime di 41 bis prevede una serie complicata di restrizioni in materia di limitazioni nei colloqui, nelle telefonate, nella corrispondenza.
- Il colloquio è uno solo al mese di un’ora contro i 6 previsti per i detenuti comuni e con i soli familiari e conviventi, altri possono essere autorizzati solo in casi eccezionali. Se i detenuti comuni possono vedere i visitatori senza vetro divisorio e senza essere ascoltati sotto il solo controllo visivo per ragioni di sicurezza, con il 41 bis fa colloqui ascoltati e videoregistrati con il vetro divisorio, che può venir meno solo con i bambini.
- La telefonata, più limitata nel tempo e nella frequenza, è sempre registrata (solo i contatti con i difensori non sono sottoposti a limitazioni per intervento della Corte costituzionale).
- La corrispondenza è autorizzata dal giudice in partenza e in uscita e sottoposta a controllo (salvo quella con parlamentari o autorità europee e nazionali con competenza in materia di giustizia). Anche somme, beni, oggetti ricevuti dall’esterno sono sottoposti a restrizioni. Di qui il divieto di inviare e ricevere libri e riviste dall’esterno, perché potenziale veicolo di scambio di messaggi cifrati, decisione avallata dalla Corte costituzionale (122/2017) nel momento in cui non limita la scelta dei libri da leggere e da studiare a patto che siano acquistati attraverso i canali autorizzati.
- I contatti con gli altri detenuti sono fortemente limitati ragion per cui le celle sono singole, la durata delle cosiddette ore d’aria è ristretta e per chi sta al 41 bis è vietato partecipare alle rappresentanze di detenuti ed internati, tutto in ragione della stessa logica di evitare contatti con l’organizzazione di appartenenza, cosa che traduce il regime in un sostanziale isolamento e in una limitazione di fatto di tutte quelle pratiche rieducative che presuppongono socialità interna al carcere: è questo uno dei temi che aprono sovente il dibattito sul bilanciamento tra diritti della persona ed esigenze di sicurezza dello Stato, in relazione a questo regime carcerario.