Il 16 gennaio 2023, dopo quasi trent’anni di latitanza, Matteo Messina Denaro è stato arrestato dai carabinieri del ROS mentre si trovava nella clinica privata La Maddalena a Palermo.
Chi era Matteo Messina Denaro
Capo indiscusso della mafia è stato uno dei boss più potenti di tutta Cosa nostra. Matteo Messina Denaro, nel novembre del 1993, fu uno degli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo per costringere il padre Santino a non confessare le sue rivelazioni sulla strage di capaci e via D’Amelio, dove persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme alle rispettive scorte. Purtroppo, dopo 3 anni di prigionia, il piccolo Giuseppe venne brutalmente strangolato con una corda e sciolto in un fusto di acido nitrico.
Nel 1992 Messina Denaro si trova partecipe dell’uccisione di Vincenzo Milazzo in quanto quest’ultimo non gradiva la guida del boss Totò Riina. Una volta ucciso Milazzo decisero di uccidere anche la sua fidanzata Antonella Bonomo incinta di tre mesi. Tra il 1994 e il 1996 Messina Denaro trascorse la sua latitanza tra Aspra e Bagheria, ospitato dalla sua compagna Maria Mesi, con cui andò in vacanza in Grecia sotto il falso nome di Matteo Cracolici. Paola e Francesco Mesi, sorella e fratello di Maria, lavoravano nella clinica di Bagheria dell’ingegnere Michele Aiello che aveva prestato la sua identità a Bernardo Provenzano. Nel 2000 la polizia arrestò Maria Mesi e trovò alcune lettere d’amore che aveva scambiato con il latitante: per queste ragioni venne condannata a tre anni di carcere per favoreggiamento insieme al fratello Francesco. Nel 2004 il SISDE tentò di individuare Messina Denaro attraverso Antonino Vaccarino, ex sindaco di Castelvetrano: quest’ultimo per conto dei servizi, riuscì a stabilire un contatto con Messina Denaro, proponendogli numerosi investimenti negli appalti pubblici. Le comunicazioni con il latitante avvenivano attraverso pizzini in cui Messina Denaro usava lo pseudonimo di “Alessio”, mentre Vaccarino quello di “Svetonio”. 2 anni dopo nel casolare di Corleone gli inquirenti trovarono numerosi pizzini mandati da Messina Denaro nei quali si parlava degli investimenti proposti dall’ex sindaco Antonio Vaccarino come l’apertura di una catena di supermercati nella provincia di Agrigento e la ricerca di qualche prestanome per poter aprire un distributore di carburante nelle zone di Trapani. In seguito all’arresto di Provenzano, Messina Denaro interruppe la corrispondenza con Vaccarino.
Nel giugno 2009 gli agenti delle squadre mobili delle questure di Trapani e Palermo condussero l’operazione Golem, che portò all’arresto di tredici mafiosi accusati di favorire la latitanza di Messina Denaro. Un anno dopo la DDA di Palermo avviò l’indagine Golem 2, che portò all’arresto di altre diciannove persone a Castelvetrano, accusate di incendi dolosi per conto del boss ai danni di imprenditori e politici, tra gli arrestati c’erano anche i cugini di Messina Denaro e suo fratello. Nel 2018 viene annunciata la cattura di altre 12 persone legate a cosa nostra, un pentito ha affermato che il latitante si sarebbe sottoposto ad un intervento di chirurgia plastica al volto, per non essere riconoscibile, mentre un informatore ha affermato che Matteo Messina Denaro si sarebbe fatto la plastica in Bulgaria, sia al volto sia ai polpastrelli. Nel 2019 vengono arrestati due carabinieri con l’accusa di favoreggiamento alla mafia e, inoltre, viene arrestato Antonino Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano che continuava ad inviare pizzini a Messina Denaro.
Di Diletta Auricchio e Maria Giovanna Pompeo