Sin dall’antichità, il giornalismo è stato strumento e mezzo di comunicazione e dialogo tra popoli sia simili che diversi tra loro permettendo, così, il veicolarsi nel tempo di nuove conoscenze e informazioni che hanno cambiato inconsapevolmente il corso della storia.
Designato come il “Quarto potere”, il giornalismo ha acquisito il potere e la responsabilità di influenzare l’opinione pubblica: oggigiorno, la realtà che conosciamo è plasmata dai continui filtri giornalistici ed editoriali. Questo potere, di fatti, non è stato sempre accolto positivamente: governi rigidi o dittatoriali hanno censurato la stampa o, in opposizione, sfruttato la stampa a proprio favore per ottenere il consenso popolare.
Sebbene ancora oggi in molti paesi la censura e la limitazione della libertà di espressione siano ancora presenti, in molti altri paesi democratici, le libertà di esprimersi e informarsi sono tutelate da norme e leggi in vigore.
Da sottolineare, però, il cambiamento della società a una continua sovraesposizione di continue notizie online, spesso modificate a scopi speculativi e denigranti nei confronti di determinate categorie, rese vere e proprie “fake news”.
Perché è importante il giornalismo?
In una società abituata a rimanere spettatrice del susseguirsi di continui eventi e notizie, senza preoccuparsi di verificare e informarsi sulla natura della propria conoscenza, la figura del giornalista è fondamentale.
Il giornalismo costituisce fonte primaria di informazione, specificando i dettagli e le caratteristiche dell’evento ed esercitando il proprio potere politico ed economico attraverso l’indagine giornalistica, che esamina le azioni delle istituzioni e le denuncia quando necessario, proteggendo la democrazia e la libertà di espressione.
Permette il confronto e la diffusione di idee e opinioni diverse, in modo che ogni individuo possa riconoscersi e sviluppare il proprio pensiero nella sfera giornalistica, creando comprensione, tolleranza e dialogo. L’accesso all’informazione è, di conseguenza, aperto e accessibile a tutti, allargando la mole di informazioni e del pubblico che le leggono.
Il giornalismo è, quindi, sia arma per combattere l’ignoranza e rendere liberi, sia una gabbia che rende schiavi di una singola concezione creata per annientare la libertà di distinguersi: è il giornalista che ha le chiavi per rendere liberi i lettori e permettergli di esprimersi senza confini.
La censura fascista e la stampa
Il giornalismo nell’epoca fascista in Italia fu anche strumento di propaganda di Stato e di manipolazione delle coscienze.
Il regime fascista di Benito Mussolini controllava strettamente la vita di ogni cittadino: dal punto di vista lavorativo a quello politico e sociale, modellando anche il tempo libero e di svago per indottrinare le menti già da bambini.
I giornalisti e gli editori dovevano essere iscritti al Partito Nazionale Fascista e seguire la linea del regime; dovevano scrivere solo notizie e opinioni che fossero in linea con la politica del regime fascista e diffondere la propaganda del governo.
I giornalisti che si opponevano o pubblicavano notizie contrasti e critiche sulla situazione politica venivano arrestati, imprigionati o addirittura, uccisi.
Nonostante ciò, alcuni giornalisti e letterari cercarono di resistere al regime e di pubblicare notizie, mettendo in luce le ingiustizie della dittatura, indipendentemente con giornali clandestini come Carlo Rosselli (assassinato nel 1937 da agenti fascisti a Bagnoles-de-l’Orne, Francia), Eugenio Montale, Carlo Levi, Mario Alicata, Leo Valiani, Gaetano Salvemini e molti altri.
Dopo il Fascismo, la Costituzione segnò un fondamentale cambio di rotta nelle libertà personali degli individui ed ovviamente nella stampa.