Il caso di Emanuela Orlandi è stato riaperto dal Vaticano dopo quarant’anni dall’accaduto.
Il promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi e la Gendarmeria hanno deciso di riaprire le indagini di una vicenda dolorosa e oscura dello stato Vaticano: la scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori del 1983, dopo l’archiviazione nel 2015 su richieste dall’allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, ora presidente del Tribunale vaticano, e dai sostituti Ilaria Calò e Simona Maisto.
In cosa consiste la riapertura delle indagini?
Saranno riesaminati tutti gli elementi a partire dal pomeriggio del 22 giugno 1983 quando la ragazza di 15 anni, figlia di un dipendente vaticano, uscì di casa per andare a lezioni di musica in piazza Sant’Apollinare e non tornò mai più a casa.
Nell’omonima basilica, molti anni più tardi, si sarebbe scoperta la tomba di uno dei capi della banda della Magliana, “Renatino” Enrico De Pedis che, secondo alcuni, avrebbe avuto rilevanza nella vicenda.
Perché la riapertura delle indagini?
L’iniziativa della magistratura vaticana è dovuta sia dalle numerose richieste e denunce della famiglia sia dalla ricerca della verità e della trasparenza voluta da Papa Francesco che segue le orme di vari pontefici, a partire da Giovanni Paolo II che fu il primo, nel suo appello durante l’Angelus del 3 luglio 1983, a ufficializzare l’ipotesi del sequestro.
La coetanea Mirella Gregori
Le nuove indagini su Emanuela potrebbero chiarire anche la vicenda della coetanea Mirella Gregori, scomparsa nello stesso anno, 46 giorni prima, dopo aver detto alla mamma di dover incontrare un amico.
Le dichiarazioni dei familiari
«Ben venga la nuova indagine, forse nata su impulso di papa Francesco. Sono convinto che la verità sia lì, in Vaticano. E confido anche in una piena collaborazione tra Italia e Santa Sede» è il commento di Pietro, il fratello della cittadina vaticana scomparsa.
Dichiara, inoltre, di essere stato contattato nel 2014 da persone molto vicine a papa Francesco per dei documenti di Emanuela.