Nel dicembre del 2020 la sonda giapponese Hayabusa 2 lasciava cadere sulla Terra, nel deserto australiano, un contenitore con un carico preziosissimo: 5,4 grammi di materiale raccolto sulla superficie di Ryugu, un asteroide a forma di diamante e con un diametro di poco meno di un chilometro che al momento del rendez-vous con l’Hayabusa si trovava a 300 milioni di km dalla Terra.
La composizione
Una prima ricerca, coordinata da Toru Yada, della Japan Aerospace Exploration Agency , mette in risalto quanto sia scuro quel materiale, in quanto riflette solo il 2 per cento della luce che lo colpisce. Per avere un’idea, altri asteroidi hanno un’albedo da 0,03 a 0,09; l’asfalto ha un’albedo di 0,04: l’albedo di Ryugu è 0,02, mentre uno studio coordinato da Cédric Pilorget, dell’Université Paris-Saclay (Francia), dice che risulta essere composto per lo più da materiale simile all’argilla con al suo interno una varietà di sostanze organiche, a ciò si aggiungono anche carbonati di vario genere. Queste prime valutazioni confermano quanto già si osservò in prossimità dell’asteroide, che era già stato classificato di tipo C, ossia ricco di carbonio e tra i più comuni del Sistema Solare, anche se Ryugu risulta più poroso e più scuro della media.
Il pericolo di queste ricerche
l problema non riguarda solo oggetti artificiali inviati dall’uomo nello spazio, ma anche i meteoriti che possono essere partiti da pianeti con al loro interno materiale organico complesso che arrivano fin sulla superficie terrestre, come è noto che batteri come il Deinococcus radiodurans che sono in grado di resiste per anni in ambienti avversi.