Uccisa dal compagno, che l’ha gettata giù dal cavalcavia dell’autostrada. L’inviata del Tg1 raccoglie le testimonianze delle colleghe della 34enne, che lavorava in un negozio di Vigonovo, il paese di Giulia Cecchettin.
Giada Zanola aveva la passione per la montagna. Viveva in una villetta di Vigonza col compagno Andrea e il bimbo di tre anni: una casa normale, intorno un giardino curato e, dentro, una vita all’apparenza tranquilla, secondo le parole dei vicini.
Giada è stata uccisa da Andrea Favero, che l’ha buttata da un ponte sull’autostrada A4, poco distante dalla loro abitazione, al culmine dell’ennesima lite. Sui social, il dolore degli amici. Giada lavorava in un negozio di Vigonovo, il paese di Giulia Cecchettin, uccisa da Filippo Turetta lo scorso novembre.
I colleghi la ricordano come persona “discreta, sempre sorridente, disponibile”. E ora si dicono sconvolti, “è successo ancora”.
Nuovi particolari sono emersi in queste ore sulla morte di Giada Zanola: secondo quanto riportato da diversi quotidiani locali, sarebbe stato lo stesso ex compagno, il 38enne Andrea Favero, a raccontare alla polizia di averla afferrata per le ginocchia e poi sollevata e spinta oltre il parapetto sul cavalcavia dell’autostrada A4, nella notte tra martedì 28 e mercoledì 29 maggio. Dichiarazioni rese quando è stato fermato, giovedì 30 maggio, ma senza la presenza di un avvocato, e dunque utili solamente per indirizzare le indagini ma non utilizzabili. Nell’interrogatorio di garanzia di venerdì aveva poi fatto scena muta. Tanto era bastato, però, per orientare la decisione della gip Laura per disporre la custodia cautelare in carcere con l’accusa di omicidio volontario.
Gli esami autoptici
A breve, forse in giornata, verrà pesato il cadavere di Giada. Un test per cercare conferme sulla dinamica del delitto. L’orientamento degli inquirenti è che Giada Zanola, quasi certamente, fosse ancora viva quando è stata fatta cadere dal cavalcavia. Si attendono conferme dagli esami tossicologici, eseguiti nell’autopsia di venerdì 31 maggio, per capire se la trentatreenne originaria di Brescia se sia stata drogata o stordita, ma per questi risultati ci vorrà circa un mese. Escluso lo strangolamento.
Le indagini
Nell’immediatezza del fermo, Favero aveva cercato di depistare gli inquirenti mandando un messaggio alla compagna. Quello che è certo è che tra i due le cose non andavano ben da tempo, che anche quella sera avevano litigato, poi Giada era uscita nella notte. Qualche indicazione a chi indaga su che cosa sia successo fra i due dovrebbe arrivare dai telefoni cellulari, ma mentre quello di Favero è sotto l’analisi degli informatici della Questura di Padova, quello della vittima non è mai stato ritrovato.
La fiaccolata
Dall’abitazione dove viveva con il compagno e il figlio di tre anni, fino al cavalcavia sull’autostrada: toccherà i luoghi di questo ennesimo tragico femminicidio la fiaccolata organizzata per stasera. lunedì 3 giugno, a Vigonza, fortemente voluta dalla comunità del paese del padovano, dall’amministrazione che ha annunciato il lutto cittadino nel giorno dei funerali della giovane madre.